La pratica Psicomotoria in età infantile – A cura di Claudia Benazzi – Psicologa –
La psicomotricità rappresenta una modalità didattica nuova basata sull’utilizzo di un linguaggio non verbale, dove il corpo in movimento, le sensazioni e le emozioni che emergono, rappresentano il fulcro delle relazioni umane e determinano una realtà educativa ed inclusiva che si può definire una vera e propria esperienza di vita.
(Palumbo, C., Ambretti, A. & Sgambelluri, R., 2019)
Nei primi 10 anni di vita la motricità rappresenta la principale modalità con cui il bambino si relaziona, e coinvolge molteplici aspetti, non solo motori, ma anche cognitivi, emotivi, relazionali e psicologici. La psicomotricità favorisce lo sviluppo del bambino, sia a scopo preventivo che riabilitativo, attraverso l’utilizzo del gioco, del movimento e della relazione, per stimolare la creatività e lo sviluppo delle abilità, rispettando l’individualità di ogni bambino, all’interno di un ambiente strutturato, con regole, spazi e tempi ben precisi.
Le attività psicomotorie rappresentano una valida proposta educativa e favoriscono la crescita psicofisica degli allievi, migliorando i loro processi comportamentali, relazionali e cognitivi, attraverso il fare, lo scoprire, e l’interiorizzare ciò che è stato fatto e scoperto, rispettando le esigenze, i tempi e gli spazi di ciascun bambino. L’esperienza vissuta attraverso il corpo ha un ruolo primario nello sviluppo affettivo, cognitivo e socio-relazionale di ogni bambino, e diventa davvero fondamentale quando è creatrice di conoscenza, dando così valore educativo all’esperienza stessa. La terapia psicomotoria favorisce lo sviluppo delle capacità linguistiche, la maturazione dal punto di vista emotivo attraverso una maggior tolleranza alla frustrazione, il potenziamento della memoria, dell’attenzione e del problem solving, ed un miglioramento generale della coordinazione e del movimento. Le attività proposte non sono differenti da quelle che il bambino sperimenta nella sua quotidianità, ma la peculiarità è rappresentata dalla progettualità e dallo scopo con cui vengono eseguiti i movimenti.
Lo stesso Piaget sostiene che solo attraverso l’esperienza corporea e la manipolazione, l’insegnamento diventa possibile proprio partendo dal corpo, ed il bambino non deve interiorizzare operazioni astratte, ma può fa riferimento ad azioni reali e concrete.
Accanto alla psicomotricità educativa, troviamo anche la neuropsicomotricità, o terapia neuropsicomotoria, con scopo riabilitativo, in presenza di disturbi del neurosviluppo o patologie, o fragilità che interferiscano con il processo di sviluppo di una o più abilità, e che rischiano di evolvere in patologie. In questo caso, gli incontri hanno una cadenza prefissata, ed hanno lo scopo di accompagnare il bambino alla maturazione di nuove competenze attraverso un percorso personalizzato. Questo tipo di disciplina può essere utile in bambini che presentano difficoltà di movimento o di coordinazione, ritardi nell’acquisizione del linguaggio, ADHD, deficit cognitivi, o difficoltà nel gestire la rabbia e la frustrazione.
Le attività laboratoriali psicomotorie possono aiutare il bambino con disabilità a conoscere i suoi limiti e a partire da questi per imparare ad usare il proprio corpo, facendo leva sulle funzioni vicarianti. Per consentire tutto questo è altresì fondamentale la funzione che assume il gruppo dei pari, dove il rapporto con i compagni può diventare per la persona con disabilità, un incentivo a migliorarsi senza isolarsi dal contesto in cui si trova e consentendo che ogni intervento venga inserito in progetti laboratoriali integrati con le attività della classe (Sgambelluri, 2014).
L’esperienza motoria coinvolge diverse dimensioni della personalità:
- Dimensione biologica: di coinvolgimento della sfera fisica (velocità, forza, mobilità, resistenza); a livello motorio il bambino inizia a prendere coscienza del proprio corpo e dei propri limiti corporei, imparando a controllare il movimento,
- Dimensione cognitiva: tecnica e coordinazione; migliora la memoria e la capacità di attenzione, vengono introdotti i concetti spaziali e, in ambito scolastico, vengono consolidate le nozioni apprese,
- Dimensione affettiva: emozioni e motivazione; la psicomotricità può aiutare a gestire ed incanalare le emozioni, aumentando l’autostima e permettendo al bambino di affrontare le proprie paure,
- Dimensione socio-relazionale: il rapporto sociale con i compagni favorisce lo sviluppo delle competenze relazionali,
- Dimensione espressiva: capacità di trasformare la motricità in linguaggio
L’autoregolazione è un aspetto di importanza essenziale per lo sviluppo del bambino e il suo benessere, poiché è l’insieme di quelle capacità che gli consentono, crescendo, di gestire le emozioni e modulare efficacemente i processi cognitivi e il comportamento. Alcune difficoltà in questo ambito sorgono già in età prescolare, rischiando di avere ricadute importanti sull’apprendimento scolastico e sulle relazioni sociali (Conti, S., Scionti, N., & Marzocchi, G. M., 2020).
Diventa quindi estremamente importante intervenire in modo precoce a supporto dei bambini in modo da evitare o comunque ridurre il rischio evolutivo, attraverso il gioco ed il movimento, in modo da stimolare i processi autoregolativi, in presenza di problematiche di tipo comportamentale o emotivo (discontrollo degli impulsi, rabbia, scarsa tolleranza alla frustrazione). Lo scopo principale è quello di attivare i circuiti cerebrali del bambino in modo in modo che diventino sempre più funzionali e sviluppino comportamenti adattivi, svolgendo compiti di complessità crescente.
In caso di presenza di patologie diagnosticate o disabilità, diventa fondamentale la collaborazione fra professionisti, in modo da creare un vero lavoro di squadra, che coinvolga anche la famiglia e la scuola. E’ fondamentale che i genitori prestino attenzione a eventuali segnali di disagio dei propri figli, che spesso vengono veicolati attraverso il corpo, in modo da intervenire tempestivamente.
Per concludere oggi è “…assolutamente necessario che l’intera società si ricordi del bambino e dell’importanza che esso ha…” e che si offrano delle opportunità didattico educative adatte alle sue esigenze formative spaziando dalle sue necessità evolutive psicomotorie a quelle socio-culturali per direzionare l’azione educativa ad un’infanzia che si faccia “…regola e meta-regola del nostro presente e del nostro stesso costruire futuro…” (Palumbo, C., Ambretti, A., & Sgambelluri, R.2019).
Bibliografia
• Ambrosini, C., & Pellegatta, S. (2013). Il gioco nello sviluppo e nella terapia psicomotoria. Edizioni Centro Studi Erickson.
• Conti, S., Scionti, N., & Marzocchi, G. M. (2020). ATTIVITÀ NEURO E PSICOMOTORIE PER BAMBINI CON DEFICIT DI AUTOREGOLAZIONE E ADHD.
• Palumbo, C., Ambretti, A., & Sgambelluri, R. (2019). Psicomotricità infantile: implicazioni didattiche secondo una prospettiva prasseologica. Formazione & insegnamento, 17(3), 160-173.
• Sgambelluri, R. (2014). Motricità e sport nei contesti educativi. Analisi comparativa tra Italia, Belgio, Spagna e Regno Unito. Roma: Aracne.
• Vecchiato, M. (2022). Psicomotricità relazionale. Armando editore.
• Vecchiato, M. (2007). Il gioco psicomotorio. Psicomotricità psicodinamica. Armando Editore.
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