Vulnerabilità familiare e sostegno alla genitorialità – A cura di Claudia Benazzi – Psicologa – 

Nel quadro dell’attuale trasformazione sociale, è evidente l’emergere di parecchie forme di vulnerabilità che toccano un numero crescente di famiglie in diverse fasi del loro ciclo vitale e in diversi contesti (Milani, P., Ius, M., & Serbati, S., 2013). Tali forme di vulnerabilità sono in realtà in continuo aumento, e le cause sono molteplici:

  • Economica: crisi economica, povertà emergente, tagli dei posti di lavoro
  • Relazionale: difficoltà sempre maggiori contraddistinguono i rapporti coniugali, come dimostrato dal crescente numero di separazioni, dalla minor durata dei legami di coppia e dal numero di bambini presi in carico dai servizi sociali
  • Organizzativa: gli impegni lavorativi, la frenesia quotidiana e la mancanza di supporto sociale impediscono al genitore di trascorrere con i propri figli un tempo di qualità
  • Culturale: la provenienza di molte famiglie da contesti culturali e linguistici differenti causa una difficoltà educativa

Un dato certo che emerge in tutte le attuali indagini sul familiare è l’ossessione per il tempo, il tempo che sfugge, che manca, che non è mai abbastanza… Non sembra questo un caso: il tempo gioca veramente il ruolo del padrone, domina tutte le scelte, l’organizzazione, i ruoli, gli affetti. È un tempo che inscatola e chiude le persone, che le rincorre e le appiattisce sulla frenesia del presente, non un tempo che lascia aperti e si rivolge al futuro. È il krònos, il tempo ritmico degli impegni, delle scadenze, della fretta (Milani, P., & Pegoraro, E., 2006).

Il tempo rappresenta davvero uno dei principali nemici delle famiglie, con cui i genitori devono continuamente lottare e scendere a patti, ed a causa del quale si ritrovano sfiniti, a fine giornata. La stessa organizzazione e preparazione dei pasti risente di questa continua mancanza di tempo, ed i pasti tradizionali, preparati con cura, e consumati in compagnia di tutta la famiglia, attorno ad una tavola, lasciano lo spazio a pasti frettolosi, quasi destrutturati. Il mangiare insieme, attorno alla stessa tavola, rappresenta un momento di condivisione del tempo, di narrazione, riflessività, di costruzione di un’intimità, per favorire l’educazione e la crescita reciproca. Un grande numero di famiglie, nei giorni feriali, non consuma neppure un pasto insieme. Assistiamo quindi non solo alla de-strutturazione del pasto, ma alla de-strutturazione dei pasti, con una moltiplicazione delle tavole, improvvisate e veloci, che non sono più momento di condivisione, ma dinamiche esclusivamente del singolo, che ha fretta, nella totale assenza di regole, ordine, e orari.

La cucina è sempre meno segnata dalla presenza materna… E se cambia il ruolo delle donne, cambia anche il posto dei bambini. In poche decine di anni si è radicalmente modificato l’antico modello disciplinare: da subalterni che a tavola non avevano né gli stessi bisogni, né gli stessi diritti dei grandi, che dovevano stare zitti e attenersi alle regole, i bambini sono oggi «bambini-re», al centro della dinamica familiare. La forte occorrenza, all’interno di questo nucleo tematico, delle parole «bambini» e «figli» è un chiaro segnale di questo puerocentrismo che possiamo osservare intorno alla tavola, nel tempo della cena. (Milani, P., & Pegoraro, E., 2006).

Ma cambiando il posto delle donne e dei bambini, cambia di conseguenza anche il posto degli uomini: un tempo si attendeva il ritorno degli uomini per sedersi a tavola, mentre oggi, spesso, soprattutto in presenza di figli piccoli, quando l’uomo arriva a casa, il resto della famiglia ha già cenato. Capita poi che la sera si voglia approfittare per coltivare qualche interesse personale poiché di giorno non è possibile. Oggi sembra che sia solo grazie alla presenza dei bambini e ai rituali della cena e soprattutto, come vedremo, dei giorni di festa, che resti ancora possibile una più o meno autentica conversazione familiare. Sembra infatti che la famiglia, intesa come luogo dove è possibile costruire l’equilibrio fra interno e esterno, fra privato e pubblico, fra individuo e gruppo, giochi molta parte di questa partita a tavola. La contrapposizione fra la tavola e le tavole può infatti essere specchio della contrapposizione fra l’io e il noi, fra le istanze di individualizzazione e le istanze di fusione del gruppo che si intersecano in ogni famiglia (Milani, P., & Pegoraro, E., 2006).

Diventa quindi estremamente importante intervenire in modo precoce a supporto dei bambini in modo da evitare o comunque ridurre il rischio evolutivo, attraverso il gioco ed il movimento, in modo da stimolare i processi autoregolativi, in presenza di problematiche di tipo comportamentale o emotivo (discontrollo degli impulsi, rabbia, scarsa tolleranza alla frustrazione). Lo scopo principale è quello di attivare i circuiti cerebrali del bambino in modo in modo che diventino sempre più funzionali e sviluppino comportamenti adattivi, svolgendo compiti di complessità crescente.
In caso di presenza di patologie diagnosticate o disabilità, diventa fondamentale la collaborazione fra professionisti, in modo da creare un vero lavoro di squadra, che coinvolga anche la famiglia e la scuola. E’ fondamentale che i genitori prestino attenzione a eventuali segnali di disagio dei propri figli, che spesso vengono veicolati attraverso il corpo, in modo da intervenire tempestivamente.

Nonostante in Italia non esista un sistema omogeneo di interventi volti al sostegno della genitorialità e non sia nemmeno chiaro quali siano i soggetti istituzionali deputati all’erogazione di tali servizi, vi sono tuttavia soggetti che propongono interventi di educazione alla genitorialità di diversa natura, che si rifanno a modelli teorici differenti, ma che hanno l’obiettivo comune di sviluppare le abilità genitoriali e ridurre l’esclusione sociale fra le famiglie, stimolando un’interazione genitori-bambini che favorisca la crescita di questi ultimi. Uno dei servizi di sostegno al compito educativo dei genitori è il “Tempo per le Famiglie”, cominciato a Milano da Susanna Mantovani nel 1986, destinato a bambini da 0 a 3 anni ed a tutti coloro che se ne occupano. Il sostegno offerto alle famiglie è di tipo relazionale, non tecnico specialistico, si appoggia alle molteplici risorse dei bambini e dei genitori stessi, di un contesto caratterizzato dal punto di vista educativo, della collaborazione di personale con formazione educativa e non medica, della presenza di altri genitori che possano condividere e sostenere le esperienze e le fatiche di altri genitori (Milani, P., 2009). Uno degli scopi di questa tipologia di servizi è quello di ovviare all’isolamento delle famiglie, creando delle occasioni di scambio e di incontro, in modo da creare delle reti sociali di supposto e contribuire allo sviluppo di un senso di appartenenza alle comunità locali. Un altro importante intervento di servizio pubblico rivolto al sostegno delle famiglie è rappresentato dal Consultorio Familiare, anche se, negli ultimi anni, si è assistito ad una medicalizzazione e clinicizzazione del servizio, a discapito delle funzioni educative.

Si assiste, sempre di più, negli ultimi anni, ad una crescente collaborazione fra genitori e istituzioni scolastiche, in modo da creare una cultura della partecipazione dei genitori nella scuola, per collaborare alla progettazione degli interventi educativi; una co-educazione all’interno di un luogo, la scuola, di mediazione educativa e di riflessività anche per i genitori. In questa logica, i percorsi formativi che si organizzano con i genitori in molte scuole, non sono delle isole nelle quali i genitori vanno a formarsi, ma piuttosto dei luoghi in cui sia i genitori che gli insegnanti possono confrontarsi serenamente, in quanto hanno appreso a superare le paure gli uni degli altri, sugli aspetti quotidiani dell’intervento educativo che si realizza a scuola e quello che si realizza a casa e dove si costruisce una continuità fra i due ambiti d’intervento (Milani, P., 2009). Per far fronte alla diffusa crisi educativa che la società sta attraversando, l’approccio dell’educazione familiare ci suggerisce, come abbiamo visto, la strada della comunicazione e del coinvolgimento dei genitori a tutti i livelli: per favorire la mobilità sociale, superare il determinismo, fare in modo che ogni bambino possa diventare persona, effettivamente artefice del suo destino, occorre, in quest’epoca più che mai, sostenere i genitori nella realizzazione del compito genitoriale (Milani, P., 2009).

La famiglia deve essere sostenuta in tutte le fasi del suo ciclo vitale, e non semplicemente riparata, all’occorrenza, attraverso interventi di tipo assistenziale. La comunità scientifica considera oggi imprescindibile coinvolgere i genitori nella vita della scuola e dei servizi educativi, in modo da creare un terreno di lavoro comune. Si sta inoltre pian piano diffondendo la consapevolezza che l’educazione dei bambini ed il coinvolgimento dei genitori rappresentino due facce della stessa medaglia, e che sia quindi necessario ridurre la distanza fra genitori e servizi, rappresentando “l’altro” come alleato e non come nemico, non eliminando i confini, che restano infatti indispensabili, ma lavorando nell’ottica di una contaminazione positiva fra i due mondi, in una prospettiva di responsabilità condivisa e di rapporto basato sulla trasparenza. Il fine primario non è l’affermazione del potere, bensì creare relazioni che si basino sulla fiducia, in modo da migliorare le risposte degli adulti alle esigenze del bambino, nell’ottica di un miglioramento del rendimento scolastico.

Bibliografia
• Milani, P., Ius, M., & Serbati, S. (2013). Vulnerabilità e resilienza: lessico minimo. STUDIUM EDUCATIONIS-Rivista semestrale per le professioni educative, (3), 71-80.
• Milani, P., & Pegoraro, E. (2006). Tra pentole e legami familiari. Tra pentole e legami familiari, 50-70.
• Milani, P. (2009). La formazione e la ricerca in educazione familiare: stato dell’arte in Italia, 17-35.
• Milani, P. (2012). Sconfinamenti e connessioni: per una nuova geografia di rapporti fra scuole e famiglie, 25-37.
• Milani, P. (2017). Il Programma PIPPI: un’innovazione scientifica e sociale come risposta alla vulnerabilità delle famiglie. Rivista Italiana di Educazione Familiare, (2), 9.