Terapia logopedica e importanza di uno screening precoce – A cura di Claudia Benazzi – Psicologa –
Il linguaggio è una funzione cognitiva complessa, propria alla specie umana, principale veicolo del pensiero. Costituito da due sistemi, uno «naturale», uditivo-articolatorio (linguaggio orale), dallo sviluppo «spontaneo», che richiede un apprendimento implicito, e uno «culturale», visuo-(orto)grafico, «sovrapposto» (linguaggio scritto), che richiede un apprendimento esplicito. Lo sviluppo del linguaggio orale inizia nel periodo intrauterino e prosegue fino all’età adulta (Chaix, Y., 2014).
La capacità di un neonato di apprendere la propria lingua materna è notevole. In pochi anni sarà in grado di padroneggiare un complesso sistema di proprietà fonologiche, lessicali e sintattiche, che gli permetteranno di dare significato al proprio linguaggio (è la semantica) e di entrare in comunicazione (è la pragmatica). I bambini sono autodidatti del linguaggio orale, a condizione che possano beneficiare di interazioni regolari, varie e di qualità. Il linguaggio si sviluppa senza difficoltà nella maggior parte dei bambini. Per alcuni, lo spostamento linguistico iniziale evolverà favorevolmente e non richiede un particolare follow-up. Per altri, il ritardo del linguaggio è uno dei primi sintomi di disturbi dello sviluppo più ampi e richiede una gestione precoce e specialistica (Coffre, A., Giraud, L., Rebière, C., Rivron, A., Troussier, J., & Righini, C. A., 2022).
La fase diagnostica è preceduta da una fase di identificazione e screening, il cui scopo è l’individuazione di quelle casistiche che meritano di essere attenzionate, beneficiando dell’attivazione di una gestione precoce. La diagnosi precoce, seppure fondamentale, non è sempre facile, a causa delle tempistiche molto variabili con cui si sviluppa il linguaggio, diverse da bambino a bambino, anche se lo sviluppo delle abilità linguistiche segue un processo ed una cronologia relativamente costante. E’ importante quindi che avvenga precocemente una fase di identificazione di eventuali difficoltà del bambino, solitamente segnalate dagli stessi insegnanti, dai genitori o dal medico, individuando fattori di rischio e protettivi, poiché dallo sviluppo del linguaggio dipenderanno l’accesso alla scrittura ed agli apprendimenti in età scolare. I disturbi del linguaggio orale causano infatti conseguenze molto importanti e potenzialmente gravi non solo nell’acquisizione e padronanza della scrittura, ma anche nella compromissione e riduzione dell’autostima a causa delle difficoltà che si riscontrano in ambito scolastico e sociale.
L’interesse per le problematiche relative alla valutazione dello sviluppo psicologico, e in particolare di quello comunicativo e linguistico, a partire dalle fasi più precoci, riflette la necessità di disporre di strumenti validi in ambito sia di ricerca sia applicativo. Infatti, poter far riferimento a norme di sviluppo fin dai primi anni di vita consente di individuare eventuali condizioni di rischio e di prevenire conseguentemente un ritardo nello sviluppo in modo da attuare un piano di prevenzione primaria. L’eventuale ritardo che i bambini possono presentare nello sviluppo linguistico costituisce spesso motivo di preoccupazione per i genitori e di incertezza nell’opportunità di consultare personale esperto che possa orientarli verso un atteggiamento di attesa – di un prossimo recupero – oppure nel decidere di seguire un programma di intervento adeguato alla situazione (Frigerio, A., Longobardi, E., Sali, M. E., Spataro, P., & Rescorla, L. (2019).
Sulla base dei dati presenti in letteratura, possiamo affermare che circa il 20% dei bambini in fase precoce di sviluppo presenta un ritardo nell’acquisizione del linguaggio, non dovuto ad altre patologie, e quindi , in assenza di deficit di tipo cognitivo, sensoriale o neurologico: si tratta dei bambini definiti “late talkers” o parlatori tardivi, ossia coloro che all’età di 24 mesi presentano un vocabolario inferiore alle 50 parole e non producono combinazioni. La maggior parte di questi bambini recupera l’iniziale ritardo entro i 4 anni d’età, e circa il 70% già verso i 3 anni d’età va incontro ad un miglioramento spontaneo significativo delle abilità linguistiche e del linguaggio espressivo, raggiungendo i livelli attesi dallo sviluppo tipico. I bambini che recuperano vengono definiti “Late bloomers” (ovvero bambini il cui linguaggio sboccia in ritardo) ed è dimostrato come l’esito di un’iniziale ritardo nell’acquisizione del linguaggio sarà maggiormente positivo se viene preservata la comprensione linguistica e se in famiglia non vi sia una storia di problematiche del linguaggio o della lettura.
L’età di 4 anni è innanzitutto definita come determinante ai fini della diagnosi, in quanto prima di allora non è possibile diagnosticare un disturbo con assoluta certezza (ibid.). Successivamente è necessario escludere tutte le altre possibili ragioni per cui tale ritardo nella produzione possa presentarsi. Esistono infatti numerose altre condizioni che possono far insorgere problemi nell’area linguistica, pur non essendo strettamente legate a essa. Non vengono pertanto considerati affetti da DSL “[…] i bambini con sordità, con deficit neurologici acquisiti, con disturbi dello spettro autistico, con ADHD […]”(ibid.). Non solo, è anche necessario che presentino un QI non verbale entro i parametri della loro età (Fernicola, F., 2019).
Se una parte di questi bambini tende a recuperare l’iniziale ritardo entro i 4 anni di età, in altri casi diversi studi evidenziano come il ritardo nel vocabolario espressivo possa trasformarsi in un disturbo specifico del linguaggio recettivo e/o espressivo durante e oltre l’età scolare. Pertanto è importante identificare precocemente i bambini “Late talkers” al fine di verificare se il ritardo iniziale sia transitorio oppure dovuto a un’altra condizione patologica e, conseguentemente, decidere se sia necessario un intervento. A tal fine è cruciale disporre di strumenti di valutazione che possano fornire una stima attendibile del livello di sviluppo linguistico su ampi campioni in modo da effettuare una efficace operazione di screening e di prevenzione nell’identificare le possibili condizioni di rischio (Frigerio, A., Longobardi, E., Sali, M. E., Spataro, P., & Rescorla, L., 2019).
Lo scopo non è solo quello di una identificazione precoce del ritardo, ma comprendere se si tratta di un problema transitorio o di un fattore di rischio per il successivo sviluppo delle aree collegate al linguaggio, in modo da poter prevenire una futura frustrazione del bambino, riscontrata nelle difficoltà che riscontrerebbe nella comunicazione, ripercuotendosi di conseguenza sul rendimento scolastico e sulla socializzazione.
In Italia, generalmente la presa in carico è rivolta a bambini con difficoltà di linguaggio di età superiore ai tre anni, mentre interventi rivolti a bambini con ritardo di linguaggio tra i 2 e i 3 anni di età sono più rari… I bambini con RL continuano a mostrare fragilità linguistiche a lungo termine nel linguaggio decontestualizzato e in compiti di consapevolezza metafonologica, abilità necessarie per gli apprendimenti scolastici. (Bello, A., Onofrio, D., Remi, L., Caselli, M. C., & Girolametto, L., 2019).
Il DSM 5 individua 4 criteri diagnostici che permettono di identificare la presenza di un Disturbo del Linguaggio:
- Difficoltà persistenti nell’acquisizione di diverse modalità di linguaggio (parlato, scritto, gestuale o di altro tipo) dovute a deficit nella comprensione o nella produzione che comprendono: lessico ridotto, limitata strutturazione delle frasi e difficoltà nella formazione del discorso.
- Le capacità di linguaggio sono al di sotto di quelle attese per età in maniera significativa e quantificabile, con conseguenze importanti per quanto riguarda l’efficacia della comunicazione, la partecipazione sociale e i risultati scolastici o le prestazioni professionali, individualmente o in qualsiasi combinazione.
- L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.
- Le difficoltà non sono attribuibili a compromissione dell’udito o ad altra compromissione sensoriale né a disfunzioni motorie o ad altre condizioni mediche o neurologiche e non sono meglio spiegate da disabilità intellettive (disturbo dello sviluppo intellettivo) o da ritardo globale dello sviluppo.
Fondamentale è ruolo del Logopedista, sia in un’ottica di prevenzione che di promozione, identificato come “l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, svolge la propria attività nella prevenzione e nel trattamento riabilitativo delle patologie del linguaggio e della comunicazione in età evolutiva, adulta e geriatrica.” (Art.1, Profilo Professionale del Logopedista, 14 Settembre 1994). Viene inoltre specificato nel medesimo articolo che “L’attività del logopedista è volta all’educazione e rieducazione di tutte le patologie che provocano disturbi della voce, della parola, del linguaggio orale e scritto e degli handicap comunicativi.”
Il Logopedista ha quindi un ruolo sia educativo che riabilitativo, preventivo e formativo, e collabora con diverse figure professionali e famigliari che ruotano attorno al bambino, creando un’alleanza terapeutica, in un clima di fiducia reciproca.
Nella riabilitazione a seguito di diagnosi di un ritardo nell’acquisizione delle competenze linguistiche, un intervento logopedico tempestivo può permettere un recupero totale oppure, nel caso in cui vengano individuate cause specifiche, può contribuire a sviluppare al meglio il potenziale comunicativo e linguistico.
Superati i due anni, il logopedista è già assolutamente in grado di comprendere e distinguere, attraverso uno specifico esame del linguaggio, fra due necessità:
- Monitoraggio delle competenze linguistiche del bambino attraverso una verifica con cadenza trimestrale dei progressi effettuati
- Inizio di una terapia logopedica che abbia lo scopo di stimolare e incoraggiare l’acquisizione delle abilità linguistiche.
Questo tipo di scelta terapeutica, soprattutto nelle fasi iniziali, non coinvolge direttamente il bambino, ma si orienta principalmente sui genitori, attraverso la messa in atto di un counseling alla famiglia che miri ad incentivare negli adulti gli atteggiamenti più corretti per facilitare l’apprendimento nel bambino, e ad escludere invece quei comportamenti che possano generare frustrazione e inibizione.
Molte evidenze scientifiche rivelano che i bambini a cui vengono lette delle storie fin dal primo anno di vita con continuità, hanno uno sviluppo del linguaggio espressivo e recettivo maggiore rispetto ai coetanei cui sono esposti meno alla lettura. Questo avviene perché il vocabolario dei bambini di 3 anni è fortemente correlato alla quantità e alla varietà di parole ascoltate a 8 mesi, pertanto, è molto importante esporli fin da subito al linguaggio. Nei primi due-tre anni di vita, infatti, la plasticità cerebrale è massima in un individuo. Ciò significa che in questo periodo gli effetti delle stimolazioni ambientali sullo sviluppo cerebrale sono massimali. Nel corso del primo anno di vita, insieme al linguaggio, il bambino apprende anche gli elementi di fonologia, prosodia e segmentazione delle parole, che rappresentano i presupposti della lettura. Le stimolazioni cognitive ottenute dalla lettura ad alta voce in epoca precoce hanno degli effetti favorevoli sul linguaggio e sulle abilità cognitive stesse, ma aumentano anche la motivazione e permettono lo sviluppo della memoria (Candeloro, L. (2022)).
Nel caso in cui si sospetti la presenza di difficoltà nell’acquisizione del linguaggio, diventa di fondamentale importanza effettuare una prima indagine delle competenze verbali e non verbali del bambino attraverso uno Screening del linguaggio, che ci possa indicare in che modo il bambino percepisce le parole, come sa rappresentare il suo pensiero usando la forma verbale e se il suo modo di esprimersi è sufficientemente chiaro e in linea con l’età cronologica, in modo da individuare il prima possibile i segnali di un eventuale ritardo o disturbo del linguaggio e per poter programmare – qualora fosse necessario – un intervento mirato a prevenire l’insorgenza di complicanze.
Bibliografia
• Bello, A., Onofrio, D., Remi, L., Caselli, M. C., & Girolametto, L. (2019). La lettura dialogica per genitori di bambini con ritardo di linguaggio di 2-3 anni. Psicologia clinica dello sviluppo, 23(1), 159-168.
• Candeloro, L. (2022). Promuovere le abilità comunicativo-linguistiche al nido d’infanzia: una proposta di intervento precoce.
• Chaix, Y. (2014). Screening dei disturbi del linguaggio orale nel bambino e loro classificazione. EMC-Otorinolaringoiatria, 13(2), 1-6.
• Coffre, A., Giraud, L., Rebière, C., Rivron, A., Troussier, J., & Righini, C. A. (2022). Screening dei disturbi del linguaggio orale nel bambino e loro classificazione. EMC-Otorinolaringoiatria, 21(3), 1-10.
• Fernicola, F., 2019, Verso lo sviluppo di un modello predittivo per lo screening del Disturbo di Linguaggio in età evolutiva: un esperimento-pilota con Orange.
• Frigerio, A., Longobardi, E., Sali, M. E., Spataro, P., & Rescorla, L. (2019). La valutazione del linguaggio tramite il questionario Language Development Survey (LDS). Quaderni ACP, 26(6), 261-263.
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