Silent book – A ciascuno la sua storia – A cura di Claudia Benazzi – Psicologa – 

La mia speranza è che queste storie spingano tutti noi ad avere più fiducia nel potere della meraviglia
Aaron Becker

Con il termine Silent Book si fa riferimento ad una particolare tipologia di libri, destinati a bambini e ragazzi, che di silenzioso hanno ben poco, nonostante il senso letterale del termine, ma che, al contrario, raccontano storie ricche ed articolate. Si tratta di libri senza parole, che raccontano una storia esclusivamente attraverso una sequenza di immagini, in cui i bambini possono essere sia osservatori che veri e propri protagonisti della costruzione della narrazione, poiché permettono loro di raccontare tutto ciò che osservano, soffermandosi su ogni particolare. I silent book parlano non attraverso le parole ma attraverso le immagini, e rappresentano un importante stimolo per la sfera cognitiva, coinvolgendo intelletto, pensiero e memoria.
Ogni volta la storia può essere raccontata in modo nuovo, partendo da nuovi particolari, e non è mai uguale a se stessa, ma in continuo cambiamento e divenire, perché ogni dettaglio può diventare di volta in volta un nuovo spunto da cui partire, con l’immaginazione, attraverso l’utilizzo della fantasia e della libera interpretazione. La struttura del Silent Book è tendenzialmente circolare, con elementi illustrati che ritornano, donando alla narrazione un ritmo incalzante, e permettendo salti temporali e spaziali tra le pagine.

Marcella Terrusi, una delle principali studiose di questa particolare espressione letteraria, ne traccia un’analisi approfondita, scrivendo che “i libri senza parole chiedono al lettore di completare il senso nelle lacune, nelle distanze e nei bianchi fra le cose; libri che interpellano il desiderio di costruire il racconto, leggere un ordine nel caos” e ancora “che sono luoghi silenziosi dove le voci squillanti dei lettori possono risuonare liberamente, o anche uno spazio tranquillo per segreti bisbigliati, per contemplazioni pazienti, per attese o ritrovamenti miracolosi o muti stupori” (Terrusi, M., 2017).

Il genitore, a differenza di quel che succede con le letture di libri tradizionali, non deve raccontare nulla, bensì guidare e stimolare il bambino all’utilizzo ed allo sviluppo dell’osservazione e dell’interpretazione. Non esistono modalità sbagliate o corrette di interpretare le immagini, ma esistono molteplici possibilità di racconto, dando libero spazio alla creatività.
Il silent book si offre come un playground ideale, un bosco di segni e narrazioni dove avventurarsi per esplorare nuove modalità di scoperta e relazione, un’aula didattica capace di educare alle proprie strategie e di guidare il lettore a nuove autonomie e conoscenze. Il silent book in questa chiave può offrire un dispositivo pedagogico capace di gettare lo sguardo oltre la pagina per connettere lettori e creare relazioni più inclusive e forse comunità più integrate attraverso un dialogo di affetti e desideri. (Grilli, G., & Terrusi, M. 2014).
Il grande merito dei Silent Book è infatti quello di abbattere ogni barriera linguistica, comunicando in modo immediato storie ed emozioni, e di essere accessibili non soltanto a chi ancora non sa leggere, ma anche a chi presenta disturbi specifici dell’apprendimento. Essi non richiedono alcuna competenza pregressa, se non quella di abbandonarsi alla creatività della propria mente, e rappresentano un valido strumento educativo, permettendo la partecipazione attiva di chi sta osservando, sotto la guida dell’educatore, e stimolando sia il pensiero visivo che quello linguistico, poiché per comprendere la storia occorre trovare le parole più corrette per descrivere l’immagine rappresentata.

Una ricerca molto interessante è stata realizzata nel 2014 da alcune studiose inglesi a partire dall’esperienza di un silent, L’approdo di Shaun Tan (Arizpe et al. 2014), con bambini della scuola primaria per raccogliere la loro testimonianza e offrire loro un contesto culturale ed educativo in cui potessero essere liberati dalla pesantezza di decodificare un testo scritto in una lingua straniera a loro ancora sfuggente e incentivati ad esprimersi attraverso un racconto narrativo fatto di sole immagini. La ricerca ha confermato le potenzialità del silent book in questo contesto educativo: i bambini migranti che si sono rapportati con le immagini, e hanno raccontato la loro esperienza, sono riusciti a dare forma ai loro pensieri e a ricercare la formula sintattica a loro più idonea e le parole che potessero restituire il loro vissuto interiore. Anche per la fascia dell’infanzia ci sono ricerche che hanno confermato la validità dei silent book, ma ritengo che essi siano uno spazio narrativo straordinario per tutti, per i piccolissimi come per i grandi, perché in effetti funzionano come un’opera aperta nella quale il lettore che legge l’immagine può partecipare alla co-costruzione del testo. I silent si rivelano delle risorse incoraggianti, il linguaggio visivo funziona, come ci ricorda Faeti, quando in effetti le parole si stringono intorno alle figure. Le figure non funzionano da sé, per raccontare le figure ho bisogno delle parole e nel silent book trovo la libertà di operare delle scelte nelle parole e nei pensieri: dal punto di vista educativo-pedagogico hanno quindi una risonanza e una rilevanza straordinaria. (Campagnaro, A. M. 2019).

I libri senza parole sono in grado di stimolare l’apprendimento linguistico e lo sviluppo delle funzioni cognitive più di quanto sia in gradi di fare un libro tradizionale, costituito da testo senza immagini. Il bambino, attraverso la scoperta, l’utilizzo e la manipolazione del libro si rapporta con il mondo, e l’atto di sfogliare le pagine, se da una parte richiede la consapevolezza motoria, dall’altro gli permette di avere il controllo della situazione, potendo decidere liberamente quanto soffermarsi su ogni pagina o su quali figure concentrare la sua attenzione, guidato dalle due emozioni. Di fronte ad un libro silente il bambino è spinto a produrre suoni, a seguire con le dita il contorno delle figure con cui si relazione, ad esprimere le proprie emozioni raccontando ciò che vede, ed è per questo motivo che il rapporto con il libro non può prescindere dalla sua materialità. La realtà del libro aiuta a dare consistenza ai nostri pensieri e, di conseguenza, anche alla nostra personalità: un bambino che legge è un bambino che sa pensare da solo e che, un domani, sarà un adulto consapevole. E questa consapevolezza non si limita alla sfera cognitiva, ma coinvolge anche quella dell’affettività e delle relazioni interpersonali ed intrapersonali: i “libri silenti” sono anche un ponte tra culture e lingue diverse, esaltano la libertà di opinione (non ci sono storie “giuste” e storie “sbagliate”) e non richiedono capacità di lettura (Serra, A., 2021).

Decodificare un’immagine non rappresenta affatto un compito più semplice dell’interpretare un testo verbale ma, al contrario, è un’attività che coinvolge numerose aree cerebrali, stimolando le facoltà cognitive. Attraverso l’utilizzo dei silent book in ambito scolastico è possibile promuovere lo sviluppo della competenza narrativa e della competenza visuale, attraverso l’analisi di figure dalla complessità crescente, ed attraverso il confronto con i compagni, per confrontare le diverse interpretazioni possibili, promuovendo una sorta di insegnamento della lettura delle parti costitutive delle immagini.
L’immaginazione nasce da ciò che abbiamo visto, ascoltato, o di cui abbiamo avuto esperienza, al di là poi di certe propensioni individuali più o meno spiccate, con la conseguenza che chi ha accumulato più esperienza di vissuti, di ascolto o di lettura, avrà una capacità maggiore di interpretazione e costruzione di un percorso immaginifico. Inoltre, occorre precisare che un’immagine non veicola mai un significato univoco, bensì plurimi significati legati alla cultura di appartenenza ed al proprio vissuto. “L’autore non scrive, non dice, non mostra mai tutto, ma guida sguardo, pensiero e sentimento verso la costruzione di una nostra lettura originale, appellandosi tanto a conoscenze pregresse quanto a intuizioni, ipotesi e nuove visioni dei lettori” (Terrusi, M., 2017).

Il silent book nasce quasi come una sfida e, vista la sua importanza, forse la sua definizione non è proprio corretta, dato che questa tipologia di libri in realtà ci parla molto, lasciando libera interpretazione alle immagini. Il lettore sprigiona la propria fantasia e insieme le proprie emozioni. Attraverso “la lettura” e “l’ascolto” dei silent emergono le nostre peculiarità, i nostri interessi, la nostra cultura. Ognuno di questi libri ha una sua storia, spesso circolare, che a volte nasce con un tema profondo, altre volte si sviluppa durante il percorso di lettura, a seconda di chi sfoglia le sue pagine. Il libro senza parole stimola moltissimo la relazione, abbatte le barriere linguistiche, sociali e culturali, è un forte libro di relazione quando viene letto in gruppo; è consigliato per tutti: fin dalla tenera età, per i giovani, le famiglie, le scuole, le biblioteche; non ha caso è utilizzato spesso in contesti di interculturalità e nei percorsi di disabilità; grazie alle immagini stimola le nostre sinapsi, ci aiuta a rilassarci, a non avere fretta, a prenderci cura del nostro tempo (Nicolini, S. 2018).
Bruno Bettelheim, commentando le doti di Leo Lionni, autore di Little Blue and Little Yellow, creato per i suoi nipoti e primo libro astratto per bambini, dice. “Soltanto un artista che sappia pensare essenzialmente per immagini riesce a creare un vero libro illustrato. Leo Lionni ha capito l’importanza del linguaggio visivo”(Leo Lionni, 1985).
Little Blue and Little Yellow rappresenta un capolavoro assoluto, con il quale Lionni definisce le caratteristiche del picture book, il nostro “albo illustrato”: poche pagine, copertina cartonata, testo breve, un ritmo serrato che favorisca la sorpresa e l’emozione (Sola, S., & Vassalli, P., 2014).
In conclusione, possiamo dire che i libri silenti aiutano a dare consistenza ai pensieri ed a sviluppare la personalità, rappresentano un ponte fra culture e lingue diverse ed esaltano la libertà di opinione, permettendo di affrontare un vero e proprio percorso di crescita interiore, come evidenziato da Christian Bruel: “Quando penso alla mia carriera di autore illustratore, mi rendo conto che la maggior parte dei miei libri non trattano, come alcuni sembrano credere, di gorilla e scimpanzé: parlano di emozioni e di bambini solitari”.

Bibliografia
• Blezza Picherle, S., Ganzerla, L., La narrativa illustrata: albi e libri illustrati. Definizione e classificazioni.
• Bruel, C., Anthony Browne, Éditions Être 2001
• Campagnaro, A. M. (2019). Alfabetizzazione visuale e silent book: Intervista. Bollettino Itals, 17(81).
• Grilli, G., & Terrusi, M. (2014). Lettori migranti e silent book: l’esperienza inclusiva nelle narrazioni visuali. encyclopaideia, 18(38), 67-90.
• Killeen, E. B. (2014). What will you do with a wordless book?. Teacher Librarian, 41(5), 63.
• Leo Lionni, Le favole di Federico, prefazione di Bruno Bettelheim, Emme Edizioni 1985
• Malaguti, E. (2017). Educazione inclusiva per la prima infanzia e diritto alla lettura, anche per i bambini con disabilità. Form@ re, 17(2).
• Marble, S. (2012). How Do Wordless Picture Books Help Develop Writing For All Students?.
• Nicolini, S. (2018). Silent books. Bibelot: notizie dalle biblioteche toscane, 24(3), 74-75.
• Serra, A. (2021), L’infanzia, i “libri silenti” e il ruolo dell’immagine.
• Sola, S., & Vassalli, P. (2014). I nostri anni 70: libri per ragazzi in Italia
• Terrusi, M. (2017), Meraviglie mute: silent book e letteratura per l’infanzia. Carocci editore.
• Zaniboni, S. (2017). La topologia dell’immagine: un silent book di David Wiesner. Comparatismi, (2), 95-103.