A cura della dott.ssa Claudia Benazzi – psicologa
Lo sviluppo del linguaggio è un processo molto lento e complesso ed una minoranza di bambini si trova ad affrontare delle difficoltà, riconducibili a diversi fattori.
Nell’ultimo trimestre di gravidanza, il bambino, pur avendo un cervello ancora immaturo, ascolta le parole della mamma e riconosce i suoni, cercando di memorizzare ritmicità e accenti. Parlare in gravidanza fa bene al bambino e stimola il suo interesse verso la voce della mamma.
Le prime parole compaiono, in genere, in un arco temporale che va dai 12 ai 20 mesi, con una grande variabilità da bambino a bambino. Si parla, inoltre, di parlatori tardivi, o late talkers, in riferimento ai quei bambini che iniziano a pronunciare le prime parole in un’epoca più tarda rispetto alla media, tra i 24 ed i 36 mesi, in assenza di una diagnosi di disabilità o di ritardo dello sviluppo in ambito cognitivo e motorio, e che recuperano tuttavia il ritardo velocemente, allineandosi a poco a poco ai coetanei. Si tratta in questo caso di un recupero spontaneo, che avviene a seguito di una maturazione che sta avvenendo con tempi diversi rispetto ad altri coetanei. Spesso si assiste a ritardi nello sviluppo del linguaggio in bambini che invece sono molto competenti dal punto di vista dello sviluppo motorio, e viceversa. I parlatori tardivi, dopo i 24 mesi, hanno un vocabolario limitato (meno di 50 parole), non sono in grado di combinare due o più parole per formare una frase, incontrano difficoltà nel produrre parole che contengono consonanti diverse, ed hanno un ritardo nella comprensione, causato dalla presenza di un vocabolario ridotto.
Esistono situazioni, tuttavia, di bambini che oltre i 36 mesi non parlano, o parlano male, ed in questi casi è necessario intervenire tempestivamente per analizzare se ci si trovi di fronte ad una problematica più sera, ossia ad un disturbo primario del linguaggio, che quindi va affrontata con appositi interventi, previa un’indagine clinica, o quantomeno per impedire al bambino di sviluppare ulteriori lacune negli apprendimenti del metalinguaggio.
Non bisogna tuttavia mai scordarsi delle differenze individuali, soprattutto quando si parla di età evolutiva, poiché vi sono bambini più precoci di altri, e lo sviluppo linguistico dipende molto dall’ambiente in cui si cresce e dalle stimolazioni che si ricevono: stimoli ambientali adeguati facilitano l’acquisizione delle abilità, permettendo al patrimonio genetico di giungere alla sua espressione, incontrandosi con l’ambiente.
Si cade tuttavia sempre in errore se si attribuisce il ritardo nello sviluppo del linguaggio ad una supposta pigrizia del bambino, poiché la mancata acquisizione delle competenze linguistiche ed una pronta maturazione delle abilità di linguaggio non dipendono mai dalla volontà del bambino che, per sua natura, è invece predisposto ad imparare e apprendere.
Un ritardo nell’acquisizione e nello sviluppo del linguaggio non è assolutamente un indice di ritardo nello sviluppo cognitivo, in quanto tutte le altre competenze risultano integre, ma può, tuttavia, essere secondario ad alcune condizioni già note in precedenza, quali problemi di udito, malformazioni dell’apparato fonoarticolatorio, malattie genetiche o paralisi cerebrale. Diventa quindi fondamentale escludere che alla base del ritardo vi siano fattori cognitivi, percettivi e neurologici, eseguendo una serie di esami:
- Somministrazione di un test di efficienza intellettiva
- esame audiologico e neurologico
- esame per escludere che il bambino abbia avuto frequenti episodi di otite che potrebbero aver causato parziali perdite di udito
Quali sono i comportamenti da mettere in atto o da evitare in caso di un ritardo nello sviluppo del linguaggio?
- Evitare di far finta di non capire o chiedergli di ripetere: questo atteggiamento va a minare la sicurezza e l’autostima del bambino, generando frustrazione che lo porta a chiudersi ed a sforzarsi sempre meno per comunicare in modo efficace
- Evitare di sostituirsi al bambino, interpretando ed anticipando le sue necessità, impedendogli in questo modo di esprimersi con i tempi ed i modi che sono a lui più congeniali: è importante attendere che il bambino presenti le sue richieste al genitore utilizzando le parole che gli servono, e non limitandosi ad un gesto
- Evitare l’utilizzo di televisori o dispositivi elettronici, in quanto lo scambio comunicativo rimane a senso unico e non esiste alcun tipo di interazione; guardare la tv o il tablet, nei primi anni di vita, non solo non permette di arricchire il linguaggio, ma addirittura ne ritarda lo sviluppo
- Verbalizzare e narrare molti momenti della vita quotidiana, descrivendo ciò che il bambino sta vivendo, utilizzando un linguaggio fatto di parole reali ed esistenti nell’uso quotidiano
- Utilizzare filastrocche e ninne nanne poiché nei primissimi mesi di vita il suono delle parole, le rime e le assonanze, hanno molta più importanza del significato delle parole
- Mantenere sempre il contatto visivo con il bambino, evitando tutte le interferenze esterne, ove possibile (televisione, radio, confusione), in modo da facilitarlo nell’ascolto e nella comprensione
- Ascoltare canzoni insieme al bambino: esse, oltre a stimolare il linguaggio, permettono l’interazione con il genitore
- Leggere insieme, non solo durante la prima infanzia, ma addirittura durante la gravidanza, è un’ottima attività che favorisce lo sviluppo del linguaggio, dell’attenzione e della relazione. Moltissimi studi hanno documentato l’utilità della lettura per lo sviluppo delle abilità e competenze linguistiche.
È opportuno, nel caso in cui si sospettino eventuali campanelli d’allarme, consultare uno specialista per un approfondimento, distinguendo fra:
- Foniatra: per indagare eventuali problematiche che colpiscano le funzioni orali e il linguaggio
- Pediatra: per assicurarsi che il bambino senta bene e che non siano presenti condizioni di ipoacusia come causa di un ritardo nello sviluppo del linguaggio
- Neuropsichiatra Infantile: per escludere la presenza di disturbi del neurosviluppo
- Logopedista: per la riabilitazione a seguito di diagnosi di un ritardo nell’acquisizione delle competenze linguistiche; un intervento logopedico tempestivo può permettere un recupero totale oppure, nel caso in cui vengano individuate cause specifiche, può contribuire a sviluppare al meglio il potenziale comunicativo e linguistico.
Superati i due anni, il logopedista è già assolutamente in grado di comprendere e distinguere, attraverso uno specifico esame del linguaggio, fra due necessità:
- Monitoraggio delle competenze linguistiche del bambino attraverso una verifica con cadenza trimestrale dei progressi effettuati
- Inizio di una terapia logopedica che abbia lo scopo di stimolare e incoraggiare l’acquisizione delle abilità linguistiche. Questo tipo di scelta terapeutica, soprattutto nelle fasi iniziali, non coinvolge direttamente il bambino, ma si orienta principalmente sui genitori, attraverso la messa in atto di un counseling alla famiglia che miri ad incentivare negli adulti gli atteggiamenti più corretti per facilitare l’apprendimento nel bambino, e ad escludere invece quei comportamenti che possano generare frustrazione e inibizione.
In conclusione, rivolgersi ad uno specialista, nel caso si sospetti la presenza di qualche campanello d’allarme, non vuol dire necessariamente iniziare una terapia, ma è di importanza fondamentale anche solo per ricevere una rassicurazione, o per iniziare un’osservazione ed un monitoraggio più attenti e mirati, in modo da poter intervenire tempestivamente qualora se ne presentasse la necessità.
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