A cura di Claudia Benazzi – Psicologa
Autismo: che cos’è? Definizione e criteri diagnostici
Quando parliamo di Disturbo dello spettro autistico (o ASD, acronimo inglese di “Autism Spectrum “Disorder“). ci riferiamo a un disturbo del neuro-sviluppo che coinvolge principalmente linguaggio e comunicazione, interazione sociale, interessi ristretti, stereotipati e comportamenti ripetitivi. Il disturbo comprende un ampio spettro di sintomi ed a seconda dei diversi livelli di compromissione di differenti abilità possiamo distinguere diversi livelli di funzionamento.
Il DSM V individua i seguenti criteri diagnostici:
A – Deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale che si manifesta attraverso:
- Difficoltà negli approcci sociali, nell’interazione sociale, nella conversazione e nella condivisione degli interessi
- Deficit nella comunicazione verbale e non verbale, mancanza di espressività facciale e gestualità
- Difficoltà ad adattare il comportamento ai diversi contesti sociali, difficoltà nel creare amicizie e apparente mancanza di interesse per le altre persone
B – Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive:
- Linguaggio e movimenti stereotipati e ripetitivi
- Comportamenti verbali e non verbali altamente ripetitivi, con eccessiva resistenza al cambiamento
- Interessi ristretti, con intensità anomale
- Iper-reattività e/o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi inusuali
C – I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia
D – I sintomi devono creare una compromissione del funzionamento quotidiano
E – Queste alterazioni non sono meglio spiegate da disabilità intellettiva o da ritardo globale dello sviluppo.
F – Spesso presenti deficit motori, andatura stravagante, goffaggine, e comportamenti autolesionistici e sfidanti, soprattutto nei bambini e negli adolescenti
Con l’etichetta diagnostica di Disturbo dello spettro autistico di norma si fa riferimento al Disturbo autistico, alla Sindrome di Asperger, al Disturbo disintegrativo dell’infanzia, e ai Disturbi pervasivi dello sviluppo non altrimenti specificati.
Le cause dell’autismo
Ad oggi ancora non si conoscono chiaramente le cause dell’autismo, e si ritiene che vi sia una multifattorialità alla base delle sue origini: aspetti genetici, ambientali e variabili di ordine biologico.
A – A livello genetico è stato dimostrato che alla base del disturbo autistico vi siano delle mutazioni genetiche ma, allo stesso modo, tali mutazioni sono state riscontrate anche in soggetti che non presentavano i sintomi dello spettro autistico; questo dimostra che tali mutazioni, di per se’, non siano sufficienti alla creazione di un quadro patologico, ma che contribuiscano all’insorgenza di alcuni sintomi. Si tratta, spesso, di una combinazione di diverse mutazioni genetiche che solo nelle loro manifestazioni più severe possono causare una diagnosi di autismo.
B – Diversi fattori e situazioni ambientali concorrono sicuramente all’insorgenza dei sintomi che vanno a delineare un quadro patologico di autismo, anche se ad oggi la letteratura scientifica a supporto di questa tesi è ancora scarsa
C – Riguardo ai fattori biologici, anomalie delle connessioni cerebrali e l’anatomia di determinate strutture cerebrali sembrano essere alla base dei deficit tipici dell’autismo.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un notevole aumento del numero di casi di autismo registrati, non perché effettivamente vi sia stato un incremento del disturbo, ma più che altro perché, rispetto al passato, vi è una maggior conoscenza della malattia, e quindi un maggior numero di diagnosi. Si stima che vi siano circa 4-6 bambini con diagnosi di autismo ogni circa mille nati, e che la prevalenza sia nei maschi, in un rapporto di 4 a 1.
Diagnosi di autismo: a partire da quale età è possibile?
La diagnosi può essere effettuata a partire dai 2 anni/2 anni e mezzo, ma anche precedentemente è possibile scorgere alcuni segnali: infatti, già verso i 6-8 mesi di vita è possibile, con l’intervento di uno specialista, evidenziare i primi segni di autismo:
- Verso i 6-8 mesi: il bambino non tende le manine verso la mamma per farsi prendere, non manifesta alcun tipo di reazione quando la mamma compare; non reagisce ai suoni; è molto irritabile.
- Tra i 12 e i 24 mesi: il bambino è indifferente nei confronti della madre, non piange quando si allontana e non sorride quando si riavvicina; non ha interesse nei confronti delle canzoncine, o dei giochi in cui si nasconde il viso (“bau-sette”), non cerca di coinvolgere il genitore nei giochi o nell’osservazione delle figure di un libro; non pronuncia sillabe semplici, non comprende gli ordini ne’ i divieti, e non esprime emozioni appropriate rispetto alle singole circostanze.
- Dai 24 mesi in poi, si assiste alla cosiddetta “chiusura del canale comunicativo”: la comunicazione verbale e non verbale è alterata ed il bambino non è in grado di interagire con le persone che lo circondano (non sorride, non gioisce, non manifesta curiosità, non incontra lo sguardo delle persone), non ama il contatto fisico ne’ la compagnia di altri bambini, presenta movimenti senza scopo apparente (movimento di mani e piedi in modo a-finalistico), ripetitività dell’esecuzione di alcune attività, l’assenza di gioco simbolico (il far finta).
Diagnosi di autismo: a chi spetta?
La diagnosi di Disturbo dello spettro autistico viene eseguita da specialisti, fra cui lo psicologo e il neuropsichiatra infantile, che si serviranno di test specifici per la diagnosi, dell’osservazione diretta e sul racconto che viene fatto dai genitori. Come per la maggior parte dei disturbi dell’età evolutiva, un intervento precoce e tempestivo è fondamentale perché è importante trovare nuove modalità per aiutare il bambino ad interagire con il mondo circostante.
L’ autismo non è una malattia, ma un insieme di disturbi, le cui cause sono multifattoriali, che si manifestano attraverso una serie di sintomi, e lo scopo di un intervento è quello di potenziare le funzioni compromesse, aumentando le potenzialità cognitive del bambino, attraverso un percorso psicoeducativo adattato alle singole esigenze e situazioni.
Ad oggi non esiste una vera e propria cura, pertanto siamo di fronte ad un disturbo che perdura per l’intero arco della vita, tuttavia esistono diversi percorsi riabilitativi che permettono al bambino di acquisire un certo livello di autonomia, e che hanno maggiori risultati quanto prima si riesce ad intervenire. Gli interventi coinvolgono non solo il bambino ma anche i genitori, e lo scopo è quello dello sviluppo di una sempre maggior autonomia nella gestione della vita quotidiana e potenziare le proprie abilità.
La prima cosa da fare, quando si sospetta la presenza del disturbo – spesso evidenziata dal pediatra di base – è contattare un neuropsichiatra affinché possa effettuare una diagnosi, basandosi sull’osservazione e sulle scale di valutazione disponibili.
Bibliografia
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