A cura di Claudia Benazzi – Psicologa

 

“Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono.

Perché i bambini lo sanno già.

Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti”.

(Chesterton)

 

Le fiabe sono racconti fantastici che, attraverso un pensiero magico-immaginativo, proiettano il lettore in un mondo ideale, dove tutto è possibile, e, attraverso un decentramento emotivo, permettono di rivivere momenti della nostra vita passata.

La fiaba si ricollega inevitabilmente al racconto, al mito e al sogno, distinguendosi tuttavia per dei tratti distintivi.

In comune con il racconto ha un argomento che si sviluppa in uno spazio limitato ed una trama in cui, accanto al personaggio principale, si alternano protagonisti ed antagonisti, ed il personaggio principale, in genere, è rappresentato da un supereroe che deve attraversare diverse disavventure per poi, sul finale, trionfare.

Il mito parte invece dalla realtà interiore per proiettarla all’esterno sotto forma di potenze divine. Secondo Sigmund Freud il mito proietta i contenuti del nostro inconscio, rappresentando di conseguenza aspetti più o meno patologici della vita psichica dell’uomo. Per Jung il mito non va spiegato ma, essendo espressione dell’inconscio, va compreso nel suo significato simbolico, nel racconto che esso narra. La fiaba, come il mito, parla di eroi, ma nel mito si tratta di personaggi molti più distanti da noi, e spesso si conclude con un tragico finale.

E, come nel sogno, la fiaba parla attraverso simboli archetipi, che ci permettono di attivare la nostra immaginazione.

La fiaba è il racconto nel quale proiettiamo i nostri desideri e le nostre ansie più segrete. I desideri trovano realizzazione attraverso l’elemento magico e la forza del protagonista, mentre le paure vengono elaborate e superate attraverso l’annientamento del personaggio “cattivo”. Ogni fiaba è una forma di racconto estremamente ricca, in cui il protagonista supera tutta una serie di prove fino ad uscirne vincente. Ogni fiaba, utilizzando un linguaggio ricco e profondo, si mette in comunicazione con il nostro essere più profondo, con il nostro inconscio, dicendoci qualcosa di noi.

L’utilizzo delle fiabe in psicoterapia e nel counseling

Le fiabe applicate al counseling sono uno strumento molto efficace che permette di esprimere emozioni, elaborare eventi, risvegliando la nostra creatività attraverso l’utilizzo di immagini archetipiche e metafore. Leggendo o ascoltando le fiabe indaghiamo la nostra storia personale, le nostre paure, i nostri blocchi, cercando di analizzarne i significati nascosti. Il potere delle fiabe lavora nel profondo, senza una reale percezione nell’immediato, e le parole simboliche inviano messaggi al nostro inconscio, alla nostra anima, permettendoci di osservare la realtà da nuove prospettive.

L’utilizzo della fiaba in psicoterapia risale alla nascita della psicanalisi e del concetto di inconscio nel secolo scorso; secondo Freud, le fiabe ripropongono i conflitti del nostro inconscio, fra le parti buone e le parti cattive, mentre Jung sosteneva che, attraverso i loro archetipi, riproponessero la struttura intrinseca della psiche umana; M. Erickson ottenne sorprendenti risultati terapeutici attraverso l’utilizzo didattico delle fiabe, mentre Bruno Bettelheim le utilizzò per la cura di bambini affetti da psicopatologie. Eric Berne, infine, nella sua analisi transazionale, sottolineò la similitudine fra le favole ed i “copioni” che ogni persona metta in atto nella propria vita, cecando di indagare e scorgere la favola che meglio e più si avvicinasse al piano di vita del suo paziente, in modo da aiutarlo a liberarsene.

L’utilizzo della fiaba in psicoterapia è dunque uno strumento estremamente utile, poiché consente di esprimere lo stato d’animo e l’interiorità dell’individuo attraverso immagini e raffigurazioni, favorendo l’intervento sul paziente.

Clarissa Pinkola Estés, famosa psicanalista, fondò una psicanalisi del femminile attingendo a favole e miti, considerandoli “medicine”.

“Per noi la storia è servita come involucro per creare un’atmosfera magica che permettesse di arrivare ancora più in profondità nei vissuti dei partecipanti. Narrare favole fa sì che un cielo stellato e una luna bianca spuntino sulle teste degli ascoltatori. Talvolta, alla fine del racconto la camera è piena di luce, altre volte rimane un frammento di stella, o un lembo di cielo tempestoso. Qualunque cosa resti, è il dono con cui lavorare…” (Pinkola Estés, 1992).

Naturalmente, l’utilizzo della fiaba o l’identificarsi in essa di per se’ non sono sufficienti per poter ottenere un cambiamento o addirittura una guarigione, ma rappresentano sicuramente un’interessante esperienza che può fungere da stimolo per l’individuo, aumentando la sua motivazione ed il suo interesse alla partecipazione al percorso di cura.

Utilizzo delle fiabe per lo sviluppo intellettivo ed emotivo dei bambini

Affinchè il bambino possa crescere con una personalità forte e salda occorre che sperimenti la giusta dose di frustrazione, rispetto ai suoi bisogni ed ai suoi desideri; solamente imparando a sopportare le attese ed i dolori, sarà in grado di superare gli ostacoli che la vita gli porrà di fronte, senza trovarsi impreparato di fronte ad una realtà in cui dovrà cimentarsi con le proprie paure, trovando meccanismi di autoconsolazione, ed utilizzando schemi cognitivi ed affettivi funzionali. Per poter strutturare una personalità che gli permetta di stare nel mondo, il bambino ha bisogno di sperimentare uno stile educativo che gli permetta di conquistare la propria autonomia e di affermare se stesso e la propria individualità, imparando a gestire il conflitto con i genitori, di fronte ad una serie di “no” risoluti e giustificati.

Attraverso le fiabe, l’ambiente viene raccontato al bambino in una lingua a lui comprensibile e accessibile, insegnandoli, attraverso l’utilizzo della metafora, le regole, le paure, ed i pericoli della realtà in cui vive. E’ possibile, attraverso la fiaba, affrontare argomenti complessi come la paura, la morte o il dolore, in modo che per il bambino non vengano vissuti come un trauma, dandogli la possibilità di rielaborare i concetti attraverso i suoi schemi mentali, decodificandoli in un modo che sia per lui accettabile, proprio perché comunicati con un linguaggio adeguato che non li traumatizza. Il bambino non possiede ancora gli strumenti per poter rielaborare concetti o immagini troppo crude, ed occorre quindi filtrarle, proponendogliele in un linguaggio e con una modalità a sua misura, sulla base della competenza evolutiva del bambino e della sua età.

Buscaglia, scrittore e docente statunitense, affermava che “per comunicare con un bambino bisogna inginocchiarsi, abbassarsi fino a vedere il mondo dalla sua prospettiva e prendersi tutto il tempo utile a farlo”. E’ cosi che diventa possibile utilizzare la favola come prezioso momento di crescita.

 

“Se volete che vostro figlio sia intelligente, raccontategli delle fiabe;

se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più”.

(Albert Einstein)

 

Bibliografia

Baliani Marco, Ogni volta che si racconta una storia, Gius. Laterza 6 Figli, Bari-Roma, 2017

M.L. von Franz “Il femminile nella fiaba” Ed. Boringhieri, 1983

Gasparini Alinda e Chellini Claudia, Lupus in fabula. Le fiabe nella relazione educativa, Erickson, Trento, 2017

Pinkola Estés “Donne che corrono coi lupi” Ed. Frassinelli, 1992

Polster Erving, Ogni vita merita un romanzo. Quando raccontarsi è terapia, Astrolabio, Roma, 1988

Tamaro Susanna, Il grande albero, Giunti Editori S.p.A., Firenze, 2009