Il fenomeno delle baby gang – A cura di Claudia Benazzi – Psicologa

La nascita delle baby gang è un fenomeno in forte crescita negli ultimi anni e che ha riscosso un enorme interesse pubblico e mediatico. Tuttavia, al momento, manca una chiara definizione del fenomeno e la conseguente possibilità di monitorarlo in maniera sistematica.
Le nuove forme di marginalità e di povertà educative sono questioni tornate prepotentemente al vertice delle emergenze sociali, anche perché connesse a conseguenti fenomeni di devianza e di criminalità che coinvolgono, assai di frequente, ragazzi sempre più giovani. Poco più che bambini, spesso attraversati da un comune destino di incuria educativa e di abbandono morale, si ritrovano sempre più soli, per strada, dove trovano rifugio nel branco e dove più facilmente incappano in condotte devianti, che di frequente sfociano in gravi atti criminali.
Il fenomeno delle “baby gang”, unitamente al dilagare di atti di bullismo nei riguardi di coetanei o indirizzati ad adulti fragili, hanno tristemente visitato la cronaca degli ultimi tempi (Iavarone, M. L., 2019).

Gran parte degli episodi di cronaca degli ultimi tempi ci restituiscono l’immagine di adolescenti totalmente anestetizzati, incapaci di provare empatia e di comprendere la reale gravità dei gesti commessi, di immaginare le conseguenze delle proprie azioni, incapaci di controllare gli stimoli e le emozioni, totalmente privi di freni e inibizioni.
E’ importante distinguere le baby gang dalle bande di criminalità organizzata: le prime, infatti, si caratterizzano per una scarsa strutturazione interna, per un numero di componenti esiguo e per una certa fluidità del gruppo, e molto spesso le condotte violente o illecite sono frutto di decisioni e spinte immediate, senza alcuna premeditazione od organizzazione preventiva. Spesso gli adolescenti che fanno parte del gruppo appartengono a classi sociali molto differenti tra loro, e ciò che predomina è il disagio sociale che li accomuna, più che una reale volontà criminale. Ciò che accomuna molti componenti delle gang giovanili sono condizioni di marginalità e disagio socioeconomico, ma questa condizione non sempre si verifica.

Tra i fattori che spingono i giovani ad aderire ad una gang giovanile sono particolarmente rilevanti: rapporti problematici con le famiglie, con i pari o con il sistema scolastico, difficoltà relazionali o di inclusione nel tessuto sociale e un contesto di disagio sociale o economico. Influente è anche l’uso dei social network come strumento per rafforzare le identità di gruppo e generare processi di emulazione o auto assolvimento. Una grande evoluzione dell’ultimo decennio, tuttavia, è rappresentata dalla crescente efferatezza delle condotte, dall’insensatezza degli atti di violenza gratuita commessi. (Savona et al. 2022). Le ragioni che spingono alla creazione di questi gruppi sono molteplici, i giovani possono infatti cercare in queste gang una risposta ad uno stato di isolamento sociale, di insoddisfazione rispetto alla propria condizione o di incapacità di relazionarsi con i propri pari (Prina, 2019). Spesso si evidenziano problematiche all’interno dei nuclei familiari di provenienza ma anche criticità nei rapporti con le istituzioni scolastiche, che causano spesso l’abbandono degli studi, con conseguenti bassi livelli di istruzione e assenza di ambizioni personali dal punto di vista formativo e lavorativo.

All’interno della gang i ragazzi vengono spinti da bisogni relazioni, sociali e psicologici, dal bisogno di crearsi un’identità e sentirsi parte di un gruppo, il cui senso di appartenenza colma il loro senso di solitudine, garantendogli protezione e sicurezza. Ma molto spesso è anche l’aspetto ludico ed il senso di adrenalina scaturito dal compiere gesti sanzionati dalla legge a spingere i giovani a far parte di questo tipo di aggregazioni.
Tra i crimi più commessi dalle bande giovanili troviamo reati violenti, come risse, percosse e lesioni, atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici, furti e rapine. Le vittime prescelte sono prevalentemente coetanei fra i 14 ed i 18 anni.

Un ultimo fattore spesso menzionato e particolarmente rilevante negli ultimi anni è il crescente utilizzo di social network, sia a fini comunicativi tra i membri della gang, che per la diffusione in rete degli atti compiuti come atto di sfida o autoaffermazione (Prina). L’utilizzo degli strumenti digitali favorisce senza dubbio la nascita di atteggiamenti emulativi e, al contempo, la deresponsabilizzazione per le azioni compiute.

Un intervento mirato alla sola repressione del fenomeno non viene ritenuto efficace, e si predilige invece un intervento in sinergia fra le diverse istituzioni, comprese la scuola e la famiglia, che abbia lo scopo di rieducare i giovani alla legalità e ad una maggior partecipazione attiva nella società civile. Occorrono altresì progetti individualizzati, come interventi a supporto della genitorialità o attività di mediazione familiare, creazione di luoghi di aggregazione giovanile, in cui i giovani possano trascorrere il loro tempo nelle ore extra-scolastiche, percorsi formativi che mirino a ridurre gli episodi di abbandono scolastico, realizzazione di laboratori per diffondere la conoscenza di norme e valori socialmente condivisi.

Bisogna investire non solo sui genitori, che sono evidentemente inadeguati, ma su tutti gli adulti significativi, che vivono nell’orbita del minore, rendendoli sempre più consapevoli e responsabili nella capacità di comprendere precocemente atteggiamenti disfunzionali, spesso predittori di comportamenti devianti. Quando un minore delinque c’è chiaramente una responsabilità del minore, ma è soprattutto un fallimento della relazione formativa con gli adulti che, intorno al minore, avrebbero dovuto e potuto fargli da argine impedendogli di sbagliare (Iavarone, M. L., 2019).

Bibliografia
• Iavarone, M. L. (2019). EDITORIALE/Curare i margini. Riprendersi il senso dell’educazione per prevenire il rischio. Annali online della Didattica e della Formazione Docente, 11(18), 1-5.
• Iavarone, M. L., e Girardi, F. (2018). Povertà educativa e rischio minorile: fenomenologia di un crimine sociale. Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata, 4(3), 23-44.
• PRINA F. (2019), Gang giovanili: perché nascono, chi ne fa parte, come intervenire, il Mulino, Bologna.
• Savona, E. U., Dugato, M., & Edoardo, V. (2022). Le Gang Giovanili in Italia. Transcrime.